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J.Edgar - Recensione

04/01/2012 | Recensioni |
J.Edgar - Recensione

Clint Eastwood torna alla regia e lo fa con un'altra biografia, a due anni da Invictus, ecco sul grande schermo quella di J.Edgar Hoover, il discusso e controverso uomo che è stato a capo dell'Fbi per quasi mezzo secolo. Il soggetto appare da subito interessante, come rappresentare la vita di un uomo così controverso, costantemente sotto i riflettori nel suo ruolo pubblico e schivo e riservato nel privato, una vera e propria spina nel fianco per i criminali di quegli anni, ma anche per i vari Presidenti degli Stati Uniti che si sono susseguiti nel corso del suo mandato. Un uomo dal vissuto celato e misterioso, determinato e caparbio che con il suo carattere ha saputo dare una nuova identità al bureau. Clint ci sorprende ancora, con una pellicola diversa dalle ultime proposte, affidandosi ad un soggetto di Dustin Lance Black (che aveva già curato Milk), scava nell'animo e nel privato di J.Edgar, mostrandoci attraverso continui flashback i due lati ambivalenti del capo per antonomasia dell'Fbi, a cui presta il volto un magistrale Leonardo Di Caprio. L'attore si conferma essere uno dei più bravi della sua generazione, interpretando Hoover per tutto l'arco della sua vita, giovane e anziano, in maniera credibile e mantenendo la fascinazione del pubblico. Complessa e articolata la narrazione si muove su due piani temporali diversi, sotto lo sguardo attento e malinconico di Eastwood, che concentra la storia intorno al personaggio e i suoi gregari, scopriamo così il rapporto di sudditanza e di incredibile rispetto che nutriva per la madre, interpretata da una Judi Dench da Oscar, la fedele e affettuosa segretaria Naomi Watts, custode preziosa dell'archivio segreto dell'uomo, e infine del compagno di una vita, nonché consigliere di Hoover, Clyde Tolson, (il bravo Armie,  già visto in The Social Network). Proprio il rapporto con quest'ultimo costituisce il perno centrale della storia, la curiosità che scaturisce la versione di Clint, nel voler sapere come é giunto ad una tale verità costando il riservo che J.Edgar aveva nei confronti del suo privato. Debolezze e astuzia, complessi di inferiorità, legati soprattutto alla sua altezza e alla frustrazione che essa scaturiva in lui, la storia dell'America nell'arco di cinquant'anni del novecento raccontata attraverso gli occhi di uno dei suoi protagonisti. Clint Eastwood ci guida piano piano sempre più nel privato e nel profondo sia della storia degli avvenimenti sia del privato del personaggio, all'inizio con freddezza e poi con accalorato fervore vengono sdoganate le maschere e le barriere che il capo dell'Fbi aveva costruito intorno a se'. Un altro importante traguardo raggiunto dal cinema di Eastwood, come sempre essenziale ma attento ai dettagli, purtroppo rovinato in Italia da un doppiaggio a dir poco fuori luogo, che non lega e non segue i personaggi, soprattutto Leonardo Di Caprio, il quale è dotato di una voce non appropriata e poco credibile al passare del tempo e degli anni.

Sonia Serafini

 


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